domenica 16 dicembre 2012

il pregiudizio


Riflessione su:
Liberarci dei pregiudizi,
spogliarci dei panni logori dei luoghi comuni,
spezzare le catene degli egoismi naturali
 per sforzarci di essere giusti con noi stessi e con gli altri."
di Massimo Agostini

“Noi non abbiamo altro punto di riferimento per la verità e la ragione che l’esempio e l’idea degli usi e opinioni del nostro paese. […]
Perciò gli altri diversi da noi sembrano selvaggi, allo stesso modo in cui chiamiamo selvatici i frutti che la natura ha prodotto nel suo naturale sviluppo”
                   Montaigne:  (“Essais”, libro I, cap. XXXI).»

La riflessione su pregiudizi ed egoismi comuni potrebbe tranquillamente chiudersi con questa affermazione di Montaigne per lasciare ad ognuno, dotato di volontà, bellezza e sapienza, il compito di procedere con la propria intima riflessione. Ritengo infatti che ogni insegnamento dovrebbe limitarsi a fornire, agli altri, spunti di analisi, ovvero di autoanalisi.  
Essendo naturale la tendenza di ogni gruppo sociale al pregiudizio e all’autoreferenzialità, appare logico il rischio che anche ogni associazione, per quanto elevata culturalmente, possa essere assoggettata allo stereotipo e quindi al preconcetto, soprattutto rispetto ad altre similari organizzazioni.
Sembrerebbe infatti scientificamente dimostrato la naturale tendenza dei gruppi: nazioni, stati, etnie o semplici gruppi sociali, allo stereotipo e al conseguente pregiudizio dovuto al tipo di informazioni in esso trasmesse e assimilate.
Ed è per questo che il nostro operare nella vita dovrebbe essere scevro da verità rivelate, presupposto di ogni possibile pregiudizio, ma bensì essere caratterizzato da percorsi, intimi, personali, esclusivi, di consapevolezza; una consapevolezza che non può essere frutto di insegnamenti più o meno dotti, trovando più sicuro alimento proprio in quell’intima esperienza di analisi e nel personale confronto con la propria e altrui essenza.
Riflettere su se stessi, la pratica del silenzio, il simbolico abbandono di un materialismo consumistico, lo studio personale delle arti liberali; il monito sul potere fine a se stesso, sull’arroganza e su quanto la bramosia del denaro possa avere influenzato l’umanità; costituiscono infatti le fasi simboliche di un costante, duro, intimo lavoro personale, senza limiti e confini, guidato esclusivamente dal proprio solitario rapporto evocativo con gli antichi e misterici insegnamenti, con il simbolismo di un Tempio che deve essere dentro e fuori di noi, e se si è fortunati, con gli stimoli di pochi illuminanti maestri.
Un cammino che per alcuni può proseguere verso più elevati livelli di giustizia ed equilibrio, attraverso un percorso lento di conoscenza e consapevolezza interiore che può condurre ad essere attento osservatore distaccato delle misere realtà umane.
il Segreto, la Fedeltà, l’Obbedienza, diventano quindi strumenti necessari al consolidamento della Libertà interiore. In questi passaggi è forte il messaggio che la rivelazione divina è in noi e non fuori di noi
Il vivere dell’uomo in questa terra deve assumere l’essenza di un percorso iniziatico la cui impostazione ripudia il dogmatismo ed il fideismo!
Un obbedienza quella dell’iniziato è infatti riferita esclusivamente a se stesso, al saper perseverare nella ricerca e, se vogliamo, ad un dogmatico antidogmatismo!!
In questo lungo percorso iniziatico che è la vita, l’uomo è chiamato alla formazione della propria coscienza individuata e della propria personalità, scevra dai condizionamenti e da pregiudizi, al fine di sottrarre il proprio io dal grigiore del volgo pensante per interrompere circonvoluzioni mentali che nulla hanno a che vedere con lo scopo della nostra sacra vita.
Significativo è anche il perdono  del saggio rispetto all’ingiustificato giustiziere, nel quale la passione purtroppo prende il sopravvento all’equilibrio e alla giustizia; oppure l’amore universale verso l’umanità sofferente, monito ad essere parte attiva con studi, lavori, ricerche, a beneficio della società,  ma anche tolleranti verso gli errori e le colpe degli altri.
Chi ha superato poi le dure prove della vita non può che aver acquisito il ruolo richiesto nel combattere il dispotismo politico e religioso, assumendo le sembianze e la coscenza del cavaliere armato della spada di giustizia e dello scudo di virtù. Questi non può che essere il saggio Kadosh, il Santo cha è al contempo Spirito e Cuore, Intelletto e Amore; egli sale attraverso le gerarchie delle scienze verso il Cielo per ridiscendere sulla terra attraverso le Virtù. Il Kadosh potendo agire sulla materia inferiore è chiamato a combattere ogni forma di assolutismo ed ogni forma di potere che conduca alla negazione dei valori umani o all’oppressione delle genti.
In fine, anche se forse è il caso di dire in principio, l’essere uomo consapevole della vita, vuol dire  giungere alla trasformazione creativa del proprio essere interiore, l’equilibrio acquisito attraverso il percorso conoscenza, consente all’Uomo rigenerato di  unire gli opposti e gli elementi discordanti.
Un percorso che, come abbiamo visto in tutti i suoi gradi di perfezionamento, ha i suoi fondamenti nella tolleranza e nella fratellanza, sicché gli altri diversi da noi non sembrano più selvaggi, come dice Montaigne, ma al contrario ricchezze inesauribili per la nostra conoscenza e realizzazione.
La forza propria di chi pratica con sincerità d’animo l’antica e nobile arte liberale non può quindi che rifuggire ogni forma di prevaricazione del pensiero per i bene ed il progresso dell’Umanità, affinché la voce di ogni Uomo posa volare libera fino al cielo.
Un’opera antica questa appartenente in passato solo a uomini di grande sapere, ma che nell’illuminismo ha trovato finalmente la sua esplosiva espressione, come eredità di una cultura divenuta palese; un’eredità millenaria, fondata su un umanesimo spirituale[1] di libera ricerca che ha dato l’opportunità di sciogliere i soffocanti nodi di un oscurantismo religioso, superstizioso e dogmatico, voluto da un potere opprimente, intollerante; cercando finalmente di liberare l’uomo dal giogo della propria ignoranza; ma l’opera del Demiurgo nella manifestazione non ha mai termine, tanto che quel piccolo sogno illuminista trova ancora faticosamente la strada per essere realtà.
I pochi illuminati conoscono bene il simbolo del dualismo; vivendo nel loro percosro il contrasto cromatico tra il bianco ed il nero del pavimento a scacchi, e praticando costantemente un proprio Visita Interiora Terrae Rectificando Invenies Occultum Lapidem, sotto la duale illuminazione del sole e della luna, posti ad oriente; il bene ed il male sono per questi le demiurgiche, inevitabili forze contrarie della manifestazione, è questa la prima consapevolezza che deriva all’iniziato ai più arcani misteri.
Non ci stupiamo quindi come certe forme di potere siano ancora presenti, e la liberalizzazione illuministica, per la quale i nostri antichi maestri hanno lottato, sia ancor oggi preda delle fauci del drago che, attraverso l’antico ed ancestrale meccanismo dello stereotipo, tenta di reprimere ogni forma di liberalismo intellettuale per garantire il proprio dominio sulle masse.
 Un drago volto a sacrificare sull’altare del potere economico e dell’ideologia tecnicistica ed utilitaristica, ogni velleità di libertà.
Il potere economico, commerciale, politico, religioso, trova ancora nel pregiudizio la principale arma di azione, potenziata da sistemi di comunicazione globalizzata, in grado di far ripiombare nell’ignoranza interi popoli.
L’uomo contemporaneo si trova infatti a vivere in una realtà sociale molto complessa che ha come fondamento la velocità di trasmissione di una enorme quantità di informazioni, la cui assimilazione diviene requisito essenziale al mantenimento di un valido rapporto relazionare con gli altri, in tutti i settori della vita.
Se proviamo a guardarci intorno, ponendo attenzione alla dinamicità delle relazioni che quotidianamente la società pretende, da chi vuole essere in linea con il suo vorticoso divenire, inevitabilmente scopriamo di essere immersi in un mondo multiforme, ricchissimo di sfumature e differenze; un mondo iper-specialistico che trova nel sapere lo strumento per ogni realizzazione sociale e di dominio.
Per non trovarsi quindi quali: inadeguati, immobili, attoniti ed indifesi spettatori, rispetto al caos di questo vorticoso divenire, diventa  inevitabile per l’uomo la ricerca di un veloce appiglio o approdo, quale fondamento per la necessaria sicurezza interiore ed in grado di lenire ogni forma di sofferenza esistenziale ed è proprio su queste paure che il demiurgo opera, alimentando lo stereotipo, il pregiudizio, quali roccaforti e  rifugi per l’individuo inconsapevole.
La certezza ricercata in punti fermi di riferimento, immediati, logici e condivisi con il gruppo, comporta una indispensabile e veloce assimilazione e trasformazione delle informazioni che quotidianamente ci circondano, in qualcosa di facilmente fruibile e spendibile nel quotidiano; diventa quindi indispensabile per l’uomo procedere attraverso semplificazioni concettuali di ciò che è complesso, formulando strutture  ideative immediatamente spendibili all’occorrenza, attraverso processi organizzativi fortemente schematizzanti.
Una sorta di semplificazione simbolica di concetti complessi, basata su modelli culturali riduttivi, semplicistici, materialistici, con finalità meramente utilitaristica alla quotidiana sopravvivenza individuale e di gruppo.
La ricerca del simile ovvero di chi condivide lo stesso pensiero, inoltre consente all’individuo di acquisire ancora sicurezza che si tramuta in una sorta di alleanza difensiva nei confronti del diverso, anche perché il diverso potrebbe mettere in gioco quell’equilibrio acquisito dal gruppo che trova alimento proprio nel pensiero comune stereotipato.
La velocità dell’individuo nel doversi equilibrare negli altri e nel mondo che lo circonda, può inoltre condizionare fortemente la libertà di giudizio e di pensiero.
Tale necessità di salvezza, trova per altro sulla sua strada una inadeguatezza nell’utilizzo dei sistemi di comprensione e, ancor peggio, una sofisticata manipolazione dell’informazione volta a condizionare lo stesso vivere sociale verso stereotipi conoscitivi che diventano il fondamento di ogni conseguente pregiudizio.
Ciò avviene attraverso il processo cognitivo della semplificazione per categorie ovvero la predisposizione a formulare classificazioni, che, con il minimo sforzo, permettono all’individuo di raggruppare degli oggetti o persone con caratteristiche comuni, in categorie.
Ed è proprio  attraverso la comunicazione che il potere dominante agisce per alimentare lo stereotipo e il pregiudizio quale strumento di controllo, individuando spesso con un solo sostantivo un’intera categoria, attraverso un’azione esemplificativa e riduttiva che va ad accentuare solo una caratteristica dell’oggetto a cui si riferisce, oscurando tutte le altre.
 Si dà luogo così ad una sorta di feticismo verbale costituito da etichettature, nomignoli e epiteti che riducono di molto l’angolo visuale dell’individuo sulla realtà sociale: colore della pelle, idioma, suoni, versi, rumori, alimentano meccanismi ideativi semplici di catalogazione che esulano da più elevati e complessi riferimenti logici, superiori per annidarsi nei meandri mentali immediati, automatici.
In questo modo la comunicazione agisce facendo leva sul contenuto ideativo (l’immagine) che si lega alle categorie ed è proprio quando la categoria si arricchisce di immagini e di credenze eccessive, che siamo in presenza di uno stereotipo creando quindi artatamente un’opinione esagerata in associazione ad una categoria [2].
Per una comunicazione efficace, lo stereotipo deve però contenere in se parziali verità condivise e se vogliamo storiche, sia in senso positivo che negativo, chiaramente elevate all’ennesima potenza. Queste parziali verità diventano il fondamento del preconcetto e della costruzione della stessa credibilità dello stereotipo
Essere cittadini del mondo sembra trovare la negazione proprio nelle barriere culturali imposte dalla propria “civiltà” che fa della propria tradizione e cultura l’elemento fondante di identità sociale, ancor più spinta quando la barriera è innalzata nella logica dei dogmatismi religiosi e non! Inevitabile quindi il condizionamento, risultando per il “normale” individuo insormontabile la barriera culturale entro la quale è nato e cresciuto e dall’interno della quale è chiamato a giudicare altri modi di essere, di sentire e di pensare, del tutto diversi dai suoi.
La maggior parte degli studiosi ritengono che vi sia una normale predisposizione umana al pregiudizio, personalmente ritengo che il meccanismo logico e semplicistico di categorizzazione costituisca di fatto un innato meccanismo di difesa individuale e sociale, presente fin dall’origine dell’umanità nel suo confronto con la natura. Difendersi dall’ambiente naturale significa infatti riuscire ad attivare, in modo veloce, meccanismi logici ideativi, interpretativi che hanno nella semplificazione conoscitiva un naturale presupposto difensivo.
Il pregiudizio quindi come primordiale istinto di sopraffazione-difesa proprio della natura umana che trova nell’identità riconosciuta, attraverso giudizi a priori, abitudini di pensiero per discriminare l’indigeno dall’estraneo: una sorta di innato meccanismo immunitario individuale e ancor più sociale che consente di produrre anticorpi per riconoscere il proprio self sociale dal non self e conseguentemente attaccare tutto ciò che a priori viene riconosciuto come estraneo.
Esplicativa di questo meccanismo è la favola di Jonathan Swift, i Viaggi di Gulliver, una favola surreale, le cui invenzioni fantastiche non sono che delle metafore per evidenziare l’intolleranza innata nei confronti del diverso e la conseguente ingiustizia degli uomini.[3]
Va notato che la consistenza dei pregiudizi a priori si fonda soprattutto sull’arroganza dei sapienti, sui luoghi comuni della cultura, sulla disinformazione.
In questo senso, sembrerebbe inevitabile dichiarare il fallimento dell’idea illuministica del cosmopolitismo, dell’universalità dell’uomo nel suo diritto a coltivare la propria naturale diversità e ad essere riconosciuto per questa come elemento di ricchezza per l’umanità, piuttosto che un pericolo. Un umanità vittima quasi della sua stessa ragione critica e dalla scienza da essa prodotta.
Una sorta di eccesso di conoscenze che, procedono in una evoluzione veloce e caotica, ha determinato una progressiva deriva delle stesse per l’incapacità di assimilazione, comprensione e visione unitaria. Una conoscenza che sempre più assume le vesti di una specializzazione estremizzata, sicché il particolare prende il sopravvento sull’universale, creando di conseguenza logiche di contrapposizione e di potere al punto che per la “comune umanità” appare più semplice regredire nella negazione della ragione stessa, finanche rifugiarsi nella superstizione, piuttosto che comprendere la complessità del sistema.
Tale tecnicismo spinto associato ad una globalizzazione che sta rimescolando le diverse culture in tempi brevissimi, se non addirittura vorticosi, con l’unico fondamento del profitto economico di pochi, richiede da parte di degli Uomini una veloce e solida presa di coscienza, al fine di evitare: tensioni, incomprensioni, conflitti, ed ancor peggio la massificazione del genere umano verso disvalori ed impoverimenti culturali.
Il grande pericolo, perciò, non è tanto la diversità quanto invece la degradazione delle culture, in nome di un “progresso” incontrollabile e di un tecnicismo esasperato che conducono l’individuo nel ruolo di semplice accessorio di un sistema efficiente, ma impersonale, dominato dalla sola dimensione economica. In questo contesto di massificazione al ribasso, l’identità culturale diventa quindi un bene prezioso per l’Umanità.
In sostanza appare fondamentale riproporre condizioni di equità e giustizia anche attraverso la salvaguardia della stessa identità umana e sociale, garantendo la sopravvivenza delle diversità culturali, anche quando queste appaiono stereotipate e non conformi al comune pensare.
Un’umanità privata delle diversità e varietà di pensiero, dell’identità sociale, storico, culturale etc.. costituirebbe una realtà sicuramente contro natura e quindi non conforme agli stessi fondamenti della tradizione sacra che trova uno dei suoi principi importanti di ricerca proprio nell’equilibrio naturale.
L’identità di ogni gruppo, nazione, etnia, etc… nei valori della propria tradizione costituisce la vera ricchezza dell’Umanità, permettendo agli individui di interagire positivamente con l’ambiente, di comprendere gli altri ed esserne compreso, di condividere valori, strumenti di pensiero e sensibilità.
Spezzare le catene degli egoismi e spogliarsi dai panni logori dei luoghi comuni per agire con equità e giustizia, sembrerebbe quindi essere ancora un miraggio utopistico, forse anche esso stesso un luogo comune riferito ad una società ideale non consona a questa misera umanità, ancora facile preda dell'ignoranza e della superstizione.
L'autodefinirsi quale "centro d'unione" tra gli uomini, sulla sola base delle loro qualità morali e di una religiosità non precisamente qualificata, costituisce ancora oggi salto in avanti, semi-utopistico e rivoluzionario,
Il sogno comune di ogni uomo Uomo consapevole dovrebbe essere quello di costituire un’elite di Uomini, Liberi e di Buoni Costumi, in grado di essere i protagonisti di una “nuova cavalleria”, i paladini volti a diffondere un modo di pensare la diversità, vista, non come pericolo, ma come risorsa per il bene e il progresso dell’Umanità.
Una sorta di rete di “conoscenze illuminate” in grado di combattere pregiudizi, luoghi comuni ed egoismi, prodotti da un potere dogmatico, oggi rappresentato anche da un universalismo economico volto ad un profitto fine a stesso; da un tecnicismo e da una conoscenza specialistica arrogante ed emarginate; contrastando nel contempo la manipolazione delle coscienze prodotta da un sistema di comunicazione a servizio del potere dominante.
Un’azione sicuramente non facile, anche perché forte è la reazione di certi poteri che si avvalgono dello strumento più antico e connaturato alla specie umana: lo stereotipo e il conseguente pregiudizio volto ad annichilire ogni sorta di opposizione, facendo apparire chi è fuori dai limiti della cultura dominate, come alieno o bestia da domare. 
Ordo ab Chao, “ordine dal caos”, recita un antico motto iniziatico che indica simbolicamente il percorso, il fine a cui tendere, ossia la ricerca della perfezione interiore, partendo dalla naturale confusione, fino a raggiungere, alla conclusione del cammino, uno stato di equilibrio e giustizia.
Quindi un motto che nulla a che vedere con l’arrogante luogo comune di una fantomatica ricerca di un potere politico ed economico fine a se stesso, da porre alla base di un nuovo ordine Mondiale di governo: il percorso iniziatico non crea operai obbedienti e ciechi al servizio di burattinai dediti alla costruzione di una fantomatica società volta ad annientare ogni pensiero diverso.
Questa è appunto lo stereotipo con il quale devono fare i conti certe associazioni iniziatiche,  creato proprio da chi vede in esse l’ostacolo alle proprie finalità di dominio, poiché gli uomini liberi e di buoni costumi, ovvero soggetti pensanti, dotati una propria indipendente consapevolezza e di equilibrio e giustizia, non sono sicuramente funzionali ad un dominio basato sull’ignoranza e la massificazione.
Giova ricordare a tale proposito il parere del massimo esoterista del secolo scorso, René Guénon, che avvertì nei suoi scritti della pericolosità delle organizzazioni contro – iniziatiche:
"… un potere occulto di ordine politico e finanziario non dovrà essere confuso con un potere occulto di ordine puramente iniziatico ed è facile comprendere che i capi di quest’ultimo non si interessino affatto alle questioni politiche sociali in quanto tali: essi potranno addirittura avere una assai mediocre considerazione di coloro che si consacrano a questo genere di attività".
Relativamente all’ordine sociale è bene però evidenziare che come dice Sant’Agostino  nella “città di Dio” non c’è repubblica se non c’è giustizia” e lo stesso Platone afferma “il sommo dell’ingiustizia è  sembrare giusto senza esserlo”.
Il nostro quindi deve essere un percorso interiore per la costruzione di un Uomo nuovo che ha nella conoscenza (Gnosi) il suo fulcro fondamentale;  un Uomo che, proprio grazie al suo equilibrio interiore, rigenerato nei gradi Sublimi, è capace di muoversi tra equità e necessità, di unire gli opposti e gli elementi discordanti.
Un percorso iniziatico che necessita di essere vissuto con Emozione e Intelletto, ispirato da comprensione e saggezza, con la Forza Ardente del Guerriero Kadosh e l’Amore Benevolo del Giudice Filosofo, in una progressiva unione degli opposti per giungere, superando il velo dell’Abisso, alla consapevolezza (da’ath) di un’altra dimensione.
E’ questo il nostro antico segreto che porta all’unico vero  potere occulto: ESSERE.

Massimo Agostini




[1] «Ci penetri l'animo una per così dire santa ambizione, talché, non soddisfatti della mediocrità, cerchiamo alle altezze e quelle, dal momento che si può quando si vuole, ci sforziamo di raggiungere con tutte le nostre
forze. Sdegniamo le cose terrestri, trattiamo con indifferenza quelle del cielo, e volgendo infine le spalle a tutto ciò che appartiene al mondo, voliamo al consesso ultramondano che è il più prossimo alla più eccelsa divinità. Quivi, come insegnano i sacri misteri, Serafini, Cherubini e Troni occupano i primi posti… Non saremo loro, purché lo si sia voluto, per nulla inferiori». Pico della Mirandola
[2] Uno dei massimi studiosi per quanto riguarda le dinamiche psicologiche dello stereotipo e del preconcetto è stato sicuramente lo psicologo statunitense Gordon Willard Allport (Montezuma, 11 novembre 18979 ottobre 1967). nel 1954 pubblicò un importante volume, dal titolo “La Natura del pregiudizio” nel quale si descrivevano i processi mentali sui quali il pregiudizio si basa.
[3] Nella prima parte Gulliver si trova subito a essere classificato dai dotti lillipuziani come un uomo caduto dalla luna, in base a supposte “leggi di Natura”; e per gli stessi motivi i dotti di Brobdingnag lo classificano come un embrione abortivo, poi uno scherzo di natura; e i matematici lapuziani lo disprezzano perché non ha le loro stesse attitudini demenziali; infine i cavali lo espellono dalla Houyhnhnmland perché lo considerano una bestia irrazionale. Sempre le “leggi di natura” servono a definire la differenza tra l’indigeno e l’estraneo, e hanno il risultato di esporre Gulliver a sanzioni, a condanne al rischio della vita, all’espulsione. Identità umana e pregiudizio etnico nei «I viaggi di Gulliver» di Jonathan Swift” di Francesco Lamendola: Arianna Editrice

martedì 17 luglio 2012

giovedì 24 maggio 2012

IL MISTERO DI MARIA MADDALENA

EDIZIONI GRAPHO5 - FANO
 0721 855314  --  0721 854783 
per acquisti
IBS LIBRI

Partendo da alcuni affreschi ritrovati in una chiesa del XIII secolo , appartenuta ai Domenicani, l’autore di questo libro affronta, attraverso un’accurata analisi dei testi sacri: dall’Antico al Nuovo Testamento, non tralasciando i Vangeli Gnostici, il percorso e l’essenza spirituale ed iniziatica delle prime sette cristiane per giungere ad analizzare le Sacre Nozze tra Maria Maddalena ed il Cristo.
Il mistero della Grande Madre, L’Iside Svelata dell’Antico Egitto, la Sophia Superiore (Binah della cabala ebraica) inteso nel suo ruolo evocativo per la realizzazione spirituale della sua controparte terrena.
 Un viaggio iniziatico attraverso le principali correnti gnostiche ed esoteriche per focalizzarsi nella mistica cabalistica.
 Un racconto che, sulla scia della “linea di sangue indentifica nell’immagine del Santo Graal”, analizza lo speciale rapporto tra  Maria Maddalena, sacra sacerdotessa di Dan, e del  il Cristo: La Sposa e lo Sposo di alchemiche nozze, il cui frutto diviene immagine di una nuova alleanza con il “Dio Buono”.
Un libro straordinario e controverso, ricco di intuizioni e di ipotesi sulla vita di Cristo e dei suoi seguaci, un’analisi attenta della società ai tempi di Gesù.
Massimo Agostini, in ragione delle suoi studi, fatte anche di personali esperienze, con questo lavoro conduce il lettore in un viaggio iniziatico per approdare alla sorgente di ogni possibile ricerca sulla Leggenda del Graal.
Non è  quindi un caso che la prefazione a questo libro sia stata curata da Sir Ian Sinclair, International Gran Prior of the Scottish Knight Templars e Archivist and Historian of the Clan Sinclair.

RECENSIONE

Massimo Agostini

IL MISTERO DI MARIA MADDALENA
Dai Vangeli Gnostici ai Rex Deus
RACCONTATO ATTRAVERSO ALCUNI AFFRESCHI RITROVATI
NELLA CHIESA DI SAN DOMENICO IN FANO


EDIZIONI GRAPHO5 - FANO
2012, 96 p., ill., brossura
 0721 855314 - 0721 854783

Indice del Libro:
           Prefazione di Sir Ian Sinclair
1- L’arte religiosa come Simbolo
2- La Leggenda Aurea
3- L’origine dei Predicatori e l’eresia catara
4- L’eresia catara, un’eresia gnostica
5-La Gnosi
6-Analisi di alcuni testi gnostici
6.1 Pistis Sophia
6.2 Vangelo di Filippo
6.3 Vangelo di Tommaso
6.4 Vangelo di Maria
7- Il ruolo della Donna e la famiglia nel mondo ebraico
8-Il celibato di Gesù
9-Il sepolcro vuoto
10-  Una comunità di straccioni eretici peccatori, prostitute, trasgressori
11-  Morte e Resurrezione
12-  Un messaggio esoterico affidato alla più amata – Maria Maddalena
13-  Il mito di Iside sposa di Osiride e Madre di Horus
14-  Maria Maddalena e la cabala mistica
15-  Chiesa di San Domenico – ancora un simbolo ritrovato
Conclusioni
Bibliografia


Alcuni brani tratti dal mio Libro:
Il Mistero di Maria Maddalena dai Vangeli Gnostici ai Rex Deus
Massimo Agostini.
In queste brevi citazioni emerge già chiaramente il ruolo delle donne ed in particolare di Maria Maddalena nel cristianesimo primitivo.


 Prefazione di Sir Ian Sinclair
Maria Maddalena era legata all’Ordine Regionale di Dan; Elena-Salomé, la moglie di Simone Zelota (Zebedeo), era invece un membro dell'Ordine di Asher, un Ordine nel quale le sacerdotesse erano conosciute come “Sacre Donne”, potendo anche disporre di beni propri. Elena come Gran Sacerdotessa dell'Ordine di Efeso, con il titolo di "Sarah", aveva il diritto di indossare una veste o un velo di colore rosso.
Queste donne di alto rango erano molto temute da Pietro, non solo per la sua nota avversione nei confronti delle donne, ma anche perché personaggi del calibro di Elena costituivano una minaccia costante per la sua posizione di dominio. La Chiesa Romana ha poi ereditato lo stesso atteggiamento negativo e le stesse paure.
Le donne dell‘Ordine di Dan erano Naziree laiche, Maria Maddalena, come "Miriam", era a capo dell'Ordine (l'equivalente di un vescovo anziano) e aveva il diritto di indossare abiti neri come i Nazirei e come  i Sacerdoti o Sacerdotesse di Iside…

cap. 2  La Leggenda Aurea
....
… Maria deriva da Miriam, nome attribuito ad antiche sacerdotesse, mentre per Jacopo da Varazze,

 autore della Leggenda Aurea, che narra dello sbarco della Maddalena nel sud della Francia, Maria si traduce con “mare amaro”[1] o “illuminatrice” o “illuminata”; intravvedendo in queste tre definizioni, le fasi del percorso iniziatico: la penitenza, la contemplazione interna, la gloria celeste.[2] Usando un linguaggio

esoterico, massonico, il “Mare Amaro” di Jacopo da Varazze, diviene espressione del V.I.T.R.I.O.L.
(Visita Interiora Terrae Rectificandoque Invenies Occultum Lapidem), un acronimo ermetico che indica la strada per la ricerca della Sapienza che, per colui che la intraprende produce sofferenza, dovendosi riflettere nel “mare amaro” della propria incompiutezza materiale; ma la contemplazione interna, per quanto “amara”, se ben condotta (rettificazione), è fonte di “illuminazione” nella via della Luce (occultum lapidem) per giungere, infine, al massimo grado di iniziazione di “Illuminato” nella Gloria.

 capitolo 6.1 Pistis Sophia
troviamo nel Pistis Sphia,  il ruolo preminente assegnato della figura femminile..
«Detto questo ai suoi discepoli, soggiunse: - Chi ha orecchie da intendere, intenda! Udite queste parole del salvatore, Maria rimase un’ora (con gli occhi) fissi nell’aria; poi disse: - Signore, comandami di parlare apertamente. Gesù, misericordioso, rispose a Maria: - Tu beata, Maria. Ti renderò perfetta in tutti i misteri di quelli dell’alto. Parla apertamente tu il cui cuore è rivolto al regno dei cieli più di tutti i tuoi fratelli» (capitolo 17).
Questo passo mostra una donna che si erge a protagonista all'interno dell'opera come principale sacerdotessa e quindi interprete del messaggio esoterico, iniziatico di Gesù….

… Tuttavia, Maria Maddalena ha il ruolo prominente, interviene, in contesti sempre molto importanti, sessantasette volte; Gesù arriva a lodarla e lei intercede presso di lui quando i discepoli non capiscono qualche passaggio (capitolo 94).
All'interno del Pistis Sophia, Maria Maddalena è sposa e sacerdotessa di Gesù, e come tale simboleggia la conoscenza (gnosi), attestando in modo inconfutabile il ruolo della Maddalena all’interno dello gnosticismo cristiano dell’epoca.

Capitolo 6.2 Vangelo di Filippo
……
Il Vangelo di Tommaso si conclude con la trasformazione di Maria Maddalena in uomo: ” Gesù disse: Simon Pietro disse loro: “Maria deve andare via da noi, perché le femmine non sono degne della vita!” Gesù disse: “Ecco, io la guiderò in modo da farne un maschio, affinché lei diventi uno spirito vivo uguale a voi maschi. Poiché ogni femmina che si fa maschio entrerà nel Regno dei Cieli”. (precetto 114)

Riporta anche alcuni racconti sulla vita di Gesù ed in particolare rimarca il ruolo importante delle donne trai suoi discepoli e, anche in questo testo, è ancora  Maria Maddalena ad avere con Cristo un rapporto privilegiato:
Il perfetto, infatti, concepisce e genera per meno di un bacio. E per questo che noi ci baciamo l’un l’altro. Noi siamo fecondi dalla grazia che è in ognuno di noi.
Tre persone camminavano sempre con il Signore: Maria sua madre, la sorella di lei, e la Maddalena, detta la sua compagna. Maria, infatti (si chiamava) sua sorella, sua madre, e la sua compagna.
 E la compagna del Salvatore è Maria Maddalena. Cristo la amava più di tutti gli altri discepoli e soleva spesso baciarla sulla bocca. Gli altri discepoli ne furono offesi ed espressero disapprovazione. Gli dissero: "Perché la ami più di tutti noi?" 

Questa frase potrebbe ingenerare, come per altro è accaduto (es. Codice da Vinci di Dan Brown o nel libro il “Santo Graal di Michael Baigent – Richard Leigh- Henry Lincoln[3]), ipotesi di un rapporto tra Gesù e

Maria Maddalena che non fosse solo di tipo spirituale, ma anche sessuale, dando così origine ad una discendenza diretta del Graal.
 A mio avviso è invece da tenere in considerazione che nello gnosticismo il bacio rituale non aveva un significato meramente erotico, ma molto più probabilmente era espressione della comunione, della fratellanza, della trasmissione del Logos da parte del Perfetto (Maestro);[4] o, ancor più, di quella riunione

mistica degli opposti, necessaria per raggiungere la condizione di Androgino all’origine della manifestazione, congeniale allo stesso vangelo di Filippo (Camera Nunziale).

  Tutti coloro che entreranno nella camera nuziale accenderanno la luce; non come si accende nei matrimoni (di quaggiù) che avvengono di notte. Se qualcuno diventa figlio della camera nuziale riceverà la luce. Se qualcuno non la riceve, mentre si trova in questi luoghi, non la potrà ricevere nell'altro luogo. Chi riceverà quella luce non sarà visto, ne potrà essere preso; costui non potrà venire molestato, anche se vive nel mondo. E, ancora, quando abbandona il mondo egli ha già ricevuto la verità per mezzo di immagini”.
….

Capitolo  6-3 Vangelo di Tommaso
….
Il Vangelo di Tommaso si conclude con la trasformazione di Maria Maddalena in uomo: ” Gesù disse: Simon Pietro disse loro: “Maria deve andare via da noi, perché le femmine non sono degne della vita!” Gesù disse: “Ecco, io la guiderò in modo da farne un maschio, affinché lei diventi uno spirito vivo uguale a voi maschi. Poiché ogni femmina che si fa maschio entrerà nel Regno dei Cieli”. (precetto 114)
Vediamo che Pietro deplora la partecipazione di Maria (sacerdotessa), in questo caso, Pietro ci appare come simbolo della Chiesa Cattolica di Paolo, emergente.
Il precetto potrebbe però avere anche un significato più esoterico, intendendo con il farsi maschio, la condizione di Androgino ovvero la ricongiunzione degli opposti, tipica della concezione gnostica. Il ritorno all’Adam primordiale.
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Capitolo 6.4 Vangelo di Maria
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possiamo affermare, sotto l’aspetto esoterico, che  Maria Maddalena viene identificata come la sposa archetipica dello sposo eterno, come il modello a cui l’anima e l’intera comunità devono ispirarsi nella loro ricerca e nel loro desiderio di unione con il divino; come ella stessa debba superare il suo stato qualitativo per farsi maschio e, solo in quella nuova qualità, riuscire ad andare oltre verso la Luce dell’Inconoscibile,
Come poi vedremo in seguito, il concetto di unione sacra, indica l’intreccio esistente tra forze diverse; da un lato l’emozione (eros, Venere), la via del cuore, forza che deve trovare il suo equilibrio nell’intelletto intuitivo, (Illuminazione, Mercurio), e immaginare il percorso al divino come armonia degli opposti, affinché la potenza femminile dell’universo si equilibri con la corrispondente maschile in ermetiche Nozze Sacre.
La Camera Nuziale, riportata nel vangelo di Filippo, può essere quindi quel luogo archetipo della suprema congiunzione degli opposti, il luogo della ierogamia[5], dell’accoppiamento sacro; come quello del dio egizio,

 Osiride, resuscitato, dall’opera della consorte Iside, per il tempo sufficiente a concepire il figlio Horus.
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6      Il celibato di Gesù.

Per l’uomo l’età giusta per sposarsi era diciotto anni: “fino a vent’anni il Santo, che benedetto sia, vigila a che l’uomo si sposi e lo maledice se manca di farlo entro a quell’età.”(Quid.B 29b.).
La condizione di sposato e padre (almeno di due figli) era anche un requisito per essere un Rabbi.
Non è mai esistito neanche un caso di Rabbi che non  fosse sposato.
L’unico Rabbi che si dice celibe fu, nel secondo secolo, un certo Ben Azzay che, per questo motivo, venne severamente biasimato[6].
Un Rabbi non sposato e senza figli è considerato un comportamento anomalo e inaccettabile per quella religione: “Chi non ha figli è disonorato, disprezzato e ritenuto un vile. A questi è vietato parlare nelle sinagoghe”
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9.  Un Sepolcro vuoto

Se affrontiamo alcuni temi dei Vangeli, posti a fondamento del cristianesimo, quali: la Passione, la Morte e la Rinascita in carne di Gesù, avvalendoci non del cuore, ma della sola ragione, ci accorgiamo che essi presentano numerose incongruenze, facendo assumere alla storia sacra, i connotati di un intrigo politico.
Gesù, il Messia, tradito dal suoi stessi discepoli o seguaci, non riconosciuto dall’èlite culturale e religiosa ebraica; diventa, con questa logica, un rivoluzionario traditore delle aspettative messianiche di redenzione dal giogo romano.
L’intrigo prende corpo proprio con un tradimento, quello perpetrato da parte di un suo intimo seguace, Giuda Iscariota che, deluso dalla mancata rivoluzione, vende il suo capo per trenta denari per poi fondare un gruppo rivoluzionario tutto suo
Non ebbe vita facile quel Giuda Iscariota, qualcuno lo uccise per vendicare Gesù o, come dicono i vangeli, si uccise oppresso dal rimorso, comunque, per quel tradimento, trovò, se non la vendetta dei discepoli, la condanna della storia e di Dio; sicché ora, come ci attesta Dante Alighieri, vive il suo tormento eterno nel freddo lago ghiacciato della Giudeca[7]
Un traditore che prima di morire trova comunque il modo di scrivere la sua verità: il Vangelo di Giuda.

10.   Una comunità di straccioni, eretici, peccatori, prostitute, trasgressori?

Torniamo alla realtà dei Vangeli per osservare più da vicino la comunità guidata da Gesù, il Messia:
un mago, riverito fin nella culla da altri maghi, un uomo che si muove con una setta di straccioni, ex pescatori, pastori, gente considerata ai margini della società ebraica.
L’accusa di magia, già presente nei vangeli (Mc 6,2) è ampiamente documentata negli apocrifi,  negli scritti patristici e nella letteratura giudaica[8];
Origine così lo descrive: “… lavorò come manovale in Egitto e dopo essersi esercitato in alcune arti magiche, tornò nella sua patria, e lì proclamò se stesso Dio”.
Anche  Giustino osserva: “Si azzardarono a dire che era un mago  e che ingannava il popolo”.
Altre espressioni usate nei suoi confronti erano: “quest’uomo conosce le arti magiche ed induce in errore la gente”.
Un bestemmiatore che frequentava peccatori e donne impure, prostitute e vedove, ma che i sacerdoti stranamente accoglievano nelle loro sinagoghe.
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10.  Morte e Resurrezione
In Pistis Sophia è rilevante il fatto che Gesù rimase dopo la resurrezione undici anni con i suoi discepoli per condurli attraverso prove iniziatiche a ricongiungersi con l’Inconoscibile e prima fra tutti gli Apostoli, Maria Maddalena: “Tu beata, Maria. Ti renderò perfetta in tutti i misteri di quelli dell’alto. Parla apertamente tu il cui cuore è rivolto al regno dei cieli più di tutti i tuoi fratelli”.
Ma in questi undici anni la presenza di Gesù che conduce esotericamente i suoi adepti nel percorso della conoscenza misterica, come si caratterizzano?
Egli è sicuramente il Maestro elevato oltre l’inconoscibile attraverso il passaggio iniziatico, unico, irripetibile, di morte e rinascita, nel simbolo della Croce.
Egli è presente in carne ed in spirito, Egli vive e conduce i suoi Apostoli come Cristo vivo in questa terra.
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10.   Un messaggio esoterico affidato alla più amata – Maria Maddalena

La parola decisiva che il cristianesimo rivolge al mondo è un messaggio di donne.
Il messaggio iniziatico della vita che sconfigge la morte è affidato a Maria Maddalena, regina del Graal, coppa della comprensione Logos (binah della cabala), che, attraverso il Cristo, suo Sposo alchemico (chokmah), ha ritrovato il Verbo, quella parola perduta che tiene l’umanità sprofondata nel suo materialismo.
Quindi il rinnovato patto con il Dio Buono porta con se un segreto iniziatico, tutto femminile, che solo gli eletti (Rex Deus) possono conoscere e trasmettere.


10.  Il mito di Iside sposa di Osiride e madre di Horus[10]

In questo percorso sui vangeli gnostici e su Maria Maddalena, abbiamo più volte incontrato riferimenti alla religiosità dell’Antico Egitto ed in particolare nel raffronto misterico tra la Maddalena e deità pagane come Iside. Vediamo di comprendere meglio questa similitudine.
Tra le religioni d’origine orientale che hanno invaso il pantheon romano, del I sec, d.C., al tempo in cui andava formandosi la nuova religione cristiana, il culto di Iside, regina dagli innumerevoli nomi, occupa un posto di primo piano.
Accanto al suo sposo, Osiride o Serapide, al dio bambino Horus, ad Anubi dal muso si canide, Iside presiede i culti “isiaci”, diffusi dal mediterraneo agli estremi confini dell’impero.
Iside sposa di Osiride veglia con la sorella Nefti il corpo del marito assassinato dal fratello, il malvagio Seth; assiste e partecipa, come accadrà a Maria Maddalena con Gesù, alla ”resurrezione” in carne di Osiride dal quale ha poi un figlio, il dio Horus. 
Osiride è  lo Sposo Re eternamente vivo e ad esso è affidato il regno dei defunti.
 Horus, figlio di Iside e Osiride, dio bambino, diventerà vendicatore di suo padre.
Il culto di Osiride, Iside ed Horus nei templi e soprattutto nell’ambito della religione funeraria, si perpetua, dinastia dopo dinastia, nel corso di tutta la storia faraonica.
Soprattutto nella XIX dinastia (1300-1180) e all’inizio del primo millennio si assiste ad una forte espansione della religiosità isiaca.
Osiride continua a regnare sul mondo dei morti e venerato come dio misericordioso, che ha conosciuto in prima persona la morte e la resurrezione.

10.   Maria Maddalena e la cabala mistica                                                              
                     
 È vero senza errore e menzogna, é certo e verissimo. Ciò che è in basso è come ciò che è in alto,
e ciò che è in  alto è come ciò che è in basso, per compiere i miracoli  della Cosa-Una
Come tutte le cose sono sempre state e venute dall'Uno, per mediazione dell’Uno, così tutte le cose nacquero da questa Cosa Unica per adattamento.
Ermete Trismegisto

Nel caso della morte e rinascita del Cristo, la percezione e comprensione dell’evento iniziatico è affidata a Maria Maddalena, ovvero a quell’energia tutta femminile, L’eros, il netzach della cabbala, simbolo di vittoria, emozione, mistero dionisiaco; la Venere della spiritualità pagana, L’Iside dell’Antico Egitto.
Non bisogna infatti dimenticare che il cristianesimo delle origini aveva in sé tutta la tradizione esoterica del Giudaismo, compresa quella della mistica cabalistica.
Tale conoscenza andò nel corso dei secoli a perdersi nel progressivo dogmatismo dottrinale, soprattutto nella lotta alle Eresie gnostiche.
 


 alcune note bibliografiche riferite ai brevi brani riportati
[1] In alcune tradizioni, Maria è ricordata come la Donna del Aquae, "Signora delle Acque". Oppure può essere chiamata "Maria del Mare" e viene  sempre associata all' acqua. Per gli gnostici (come in verità per i celti) le donne, che erano oggetto di venerazione religiosa, erano spesso associate con laghi, pozzi, fontane e sorgenti. La Gnosi (conoscenza) e la Saggezza venivano collegate con lo Spirito Santo femminile che «si muoveva sopra la faccia delle acque» (Genesi 1:2). Si riteneva che questo divino spirito della Sophia si fosse appunto incarnato in Maria Maddalena. I sacerdoti che somministravano il battesimo al tempo dei Vangeli venivano definiti "pescatori". Dal momento in cui Gesù fu ammesso al sacerdozio nell'Ordine di Melchisedec (Ebrei 5, e come abbiamo visto negli Atti), anch'egli venne designato al ruolo di "pescatore". La linea dinastica della Casa di Giuda fu così riconosciuta come una dinastia di re sacerdoti, o "re pescatori", come i suoi discendenti divennero giustamente noti.
[2] Alessandro e Lucetta Vitale Brovarone, a cura di: Iacopo da Varazze, op.cit.
[3] Vedasi nota 7.
[4] Vangelo di Filippo: “il Logos viene da quel luogo, egli nutre dalla sua bocca e sarà perfetto. Il perfetto, infatti, concepisce e genera per mezzo di un bacio. È per questo che noi ci baciamo l'un l'altro. Noi siamo fecondi della grazia che è in ognuno di noi”
[5] Nella religione sumera, in una fase della Festa del Nuovo Anno, uno dei riti consisteva nella ierogamia, cioè l'unione sacra del dio e della dea, la cui conseguenza era quella di rinnovare la vita umana, animale e vegetale, sulla terra. Negli studi sulla religione sumera è accertato che quando Gudea costruì un tempio, riservò per il suo dio e per la sua preda la camera nella quale doveva avvenire la loro unione.
Vi sono stati ritrovamenti archeologici che documentano come il tempio di Ishtar ad Assur abbia coniato piccole targhe di piombo raffiguranti una Ierogamia. Nelle antiche civiltà , quindi, il concetto dell’unione sacra era, non solo molto diffuso, ma rappresentava un vero e proprio rapporto di simbiosi esistente  tra maschile e femminile. Ne sono un esempio le relazioni intime tra Osiride ed Iside, Adone e Venere, Tamuz e Ishtar. In queste culture la gioia usciva dalla camera nuziale degli dei per diffondersi tra la gente che abitava nel loro regno.
Il fine era quello di immagazzinare l'energia vitale: nel tempio, il sacerdote (a volte il fedele stesso) si univa carnalmente alla sacerdotessa, celebrando con la loro unione un rito inneggiante alla dea
Nell’antichità vi era anche una sorta di sacerdozio dedicato alla Prostituzione Sacra, riportata anche nella Bibbia – (Deuteremonio 23, 18-19), dove viene stabilito il divieto per gli uomini e le donne di Israele di prendere parte a tale pratica.



[6] Alberto Magi: Nostra Signora degli eretici – Maria e Nazaret; Cittadella Editrice, Assisi 1997, p.107; nota 2 piè di pagina.

[8] Rodolphe Kasser, Ma0vin Meyer e Grgor Wurst, a cura di: Il Vangelo di Giuda, National Geografic, White Star, Vercelli, 2006

[10] Ermando A. Arslan, a cura di: Iside il mito il mistero la magia, ELECTA, Milano,1997.